martedì 18 agosto 2015

IL VIAGGIO DEGLI ADAMITI ALL'EMISFERO AUSTRALE- I



 di H.Mriga 



a)       Il Ciclo Adamico ed il Ciclo Evaico


                   La cosmografia biblica è assai limitata, adattando la storia dell’origine dell’uomo al mondo ebraico non ci spiega esattamente ove sia da collocare il Paradiso Terrestre, Arbor Vitae incluso.  Tanto che i devoti giudaico-cristiani hanno continuato a credere fino ad oggi, non meno dei musulmani, che esso fosse in Palestina o, tutt’al piú, in Mesopotamia (1).  Parrebbe che in tale tradizione ne siano comprese in realtà due: una relativa alla mitica Terra Iperborea greco-romana e l’altra alla cd. ‘Atlantide Iperborea’ d’indoeuropea memoria, tramandata pure in termini non molto diversi dalla letteratura massonico-occultistica (2).  Benché la Genesi privilegi soprattutto Sem e i Semiti, a causa della discendenza ebraica da questo ceppo etnico, è evidente che il testo biblico incorpori tradizioni tramandate anche da Iafeti e Camiti principalmente – che possono venir incluse in quelle noaiche piú in generale – ed altre a queste precedenti.  Dal punto di vista cosmografico, la cd. ‘Atlantide Iperborea’ costituisce un riflesso invertito nell’ambito del V ‘Grande Anno’ (3) della Terra Iperborea nel I.  Nella Genesi oltretutto vige l’espediente di suddividere il tempo ulteriormente per 10, onde il ‘Grande Eone’ (scr.Manvantara) di 64.800 anni ha i tempi invero dell’Eone (scr.Yuga) di 6.480 anni, rispetto cui il ‘Grande Anno’ (scr. Mahāyuga) di 12.940 anni è ovviamente il doppio.  L’ultimo Eone, come insegna il calendario ebraico (che lo fa iniziare 720 anni dopo, per una ragione che non stiamo qui ad analizzare), è cominciato nel 4.480 a.C. ed è terminato nel 2.000 d.C.  Secondo quanto la tradizione popolare cristiana conferma (4).
                   In base a codesta semplice premessa, ne consegue indirettamente che se noi moltiplicassimo per 10 i 6.480 anni dell’Eone otterremmo il ‘Grande Eone’ per intero.  Dunque, è chiaro che aggiungendo uno zero ad ogni periodo indicato dalla Genesi acquisiremmo informazioni veritiere sulla durata effettiva – a grandi linee, s’intende – di quel dato periodo  A patto, naturalmente, di saper interpretare i simboli genesiaci in maniera adeguata.  Accettando d’intendere la descrizione della nascita dell’Uomo e della Donna come relazionata nel senso descritto all’inizio del ‘Grande Eone’ d’ellenica memoria, equivalente in tutto e per tutto all’ `Ōlām ebraico (5), ne potremmo ricavare alcune importanti deduzioni (6).  Ossia, la ‘Nascita di Adamo’ si riferisce a quello che in India è noto quale I Ciclo Avatarico, mentre la ‘Nascita di Eva’ al II; la ‘Vita beata nel Giardino delle Delizie’ al III e, logicamente, il ‘Peccato Originale’ al IV.    




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                   È lecito, anzi doveroso, fornire una spiegazione storico-religiosa a proposito di codesto assunto se si vuole realmente capire la reale portata delle affermazioni fatte.  La presenza solitaria di Adamo, in tutta evidenza, delinea la primordiale natura dell’essere umano, tutta compresa nel culto di Sé.  Il Sé ovviamente inteso non come ego, ma come intelletto trascendente la propria forma e contemplante la Luce Divina a livello interiore.  Questa perfezione assoluta, è ovvio, non può esser appartenuta a tutti; ma soltanto a colui che l’Islām definisce Primo ‘Profeta’ (ar.Rasūl), ovvero Adamo (7).  Cfr. col Matsyāvatāra hindu.  Agli esseri del I Ciclo Adamico si può esclusivamente attribuire una perfezione primigenia di tipo creaturale o sovrannaturale, se vogliamo cosí definirla; perfezione però che già vien meno in parte (di ¼)(8) nel II Ciclo Adamico, quello della consustanzialità di Adamo ed Eva, il fattore fondamentale che induce la prima forma di decadenza.  In parallelo, infatti, la Divinità si trasforma da oggetto della contemplazione dell’Uomo in senso assoluto in un ente duale.  Ciò non significa che entri in gioco alcuna reale dualità in senso esistenziale fra Creatore e Creatura, questo sarà opera purtroppo del Cainismo.  La dualità del secondo ciclo paradisiaco concerne  semplicemente la concezione del Divino, vale a dire la frammentazione fra Dio e l’Assoluto, nonché indirettamente fra Dio e il Divino Avversario.  Il che implica, indirettamente, l’assunzione di una terna di emblemi quale rinveniamo in Cina presso la figura di P’an-ku (9).  Nel ciclo successivo, il I Ciclo Evaico nascerà perciò una prefigurazione della forma trinitaria (10), onde risolvere il dilemma dell’Unicità Divina (11).  Rimanendo al II Ciclo Adamico, ovvero il II Ciclo Avatarico hindu, non è a caso che il secondo avatara abbia la veste di Uomo-tartaruga (Kūrmāvatāra).  Senza arrivare a tanto ma con analogo simbolismo, ossia affiancando per un verso la Tartaruga alla figura mitica del succitato P’an-ku o ponendola quale ispiratrice degli 8 Trigrammi nei confronti dell’alter-ego Fu-hsi (12), la tradizione cinese celebra lo stesso evento mediante il II Ciclo Regale (Imperiale) o Ciclo del Nordovest.  P’an-ku presenta, talora, in codesta ottica testa di dragone e corpo di serpente (13).  In fondo, la storia di Adamo ci narra la medesima cosa quando ci racconta della prima conoscenza del Serpente Tentatore (14) da parte di Eva.



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È da siffatto preambolo che prende le mosse, appunto, il I Ciclo Evaico; in cui è la femmina in senso lato, non esclusa la sua divina controparte, che passa a dominare sul maschio.  Sí da condurlo poco alla volta alla decadenza dei costumi – abbandono della dieta vegetariana, sino a questo momento predominante stando alla Genesi, con dedizione erotica concomitante ai piaceri della carne – che è tipica ancor oggi del crepuscolare mondo insulare oceaniano-meridionale (micronesiano-melanesiano), ove si ammette liberamente a sentire gli esperti viaggiatori che rispetto ai polinesiani essi hanno dapprima gustato il sangue degli animali uccisi e di conseguenza si sono poi dedicati ad un uso sfrenato del sesso (15).  Decadenza che coincide alla fine, secondo le Scritture, colla ‘Cacciata dal Giardino’.  In altre parole, Eva (s’intende, le Donne di Epoca Evaica) vive in un primo tempo col compagno in una natura ancora esoticamente incontaminata, dedita ai piaceri naturali ma senza abusarne; in un secondo tempo invece ne abusa, trasformando cosí Adamo (s’intende, gli Uomini di Epoca Evaica) in suo complice, al servizio di lei e della sua peccaminosità.  Il ‘Peccato Originale’ della coppia umana del II Ciclo Evaico consiste per l’appunto, al di là dei simboli del Serpente Tentatore e del godimento del Frutto Proibito, nell’abbandono del vivere in quello stato di ‘sovrannatura’ in cui l’aveva messa il Creatore.  Sovrannatura nel senso di dominio sulla natura, che è la forma psico-fisica del cosmo.  La Donna, nella quale la Psiche tende a prevalere sullo Spirito (16), è stata l’artefice inconsapevole di questo mutamento in base all’insegnamento scritturale; mutamento consistente in un allontanamento graduale, come detto, dalla condizione primigenia.  Venendo a prevalere la Donna sull’Uomo, e di conseguenza il principio passivo su quello attivo (17), non essendo piú sorretta da un’intellettualità trascendente (scr.buddhi) la vita degli esseri umani pian piano degenera verso la violenza e la sessualità fine a sé stessa.  In questo modo termina la storia del Paradiso Terrestre, della quale il Paradiso Iperboreo (18) ha rappresentato soltanto il primo dei quattro cicli che lo hanno determinato.  Adamo ed Eva s’accorgono a questo punto d’esser nudi, nudi nei confronti soprattutto del Bene e del Male, poiché hanno gustato il frutto dell’Albero della Vita, che in altra accezione è l’Albero della Conoscenza (19).  Ovverosia della Conoscenza del Bene e del Male, una metafora ad indicare l’Essere e 



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il Divenire.  Ecco perché la filosofia greca, la quale stabilisce i confini fra la sapienza tribale d’origine preistorica e la razionalità dell’uomo dei tempi storici, parte dall’Essere e dal Divenire (20) quali principi basilari del cosmo.  Ma è solamente l’iniziazione ai Misteri che può permettere all’uomo edipico dell’Età Ferrea, per dirla ancora coi Greci, di ripercorrere a ritroso la strada che ci ha portato dall’Età Aurea alla corruzione dei tempi ultimi; o, se preferiamo, dallo stato adamico originario all’infernale (21) Babelica Torre.  In fondo il Divenire di cui qui si parla è quel portento negativo onde, com’è tratteggiato nel Cap.X del Lost Paradise di J.Milton, Adamo ed Eva esuli dal Paradiso Terrestre cercano invano di salire su per i tronchi d’una illusoria selva di alberi-della scienza per coglierne i frutti, ma li vedono ben presto tramutarsi in cenere.  Poiché, se la Conoscenza di Dio permuta in esclusiva scienza delle cose mondane, non ci rimane che polvere in mano e il Peccato Originale elargisce cosí i suoi malefici frutti.       







 Note

(1)                L’identificazione colla Mesopotamia nasce dal fatto che, oltre al Tigri e all’Eufrate, la Bibbia si riferisce a due altri fiumi che secondo certi studiosi un tempo attraversavano quella terra e poi si sono essicati.  Ma in ogni caso, trattasi d’una identificazione simbolica, non può esser presa sul serio cosmograficamente parlando.

(2)                R.Guénon in Forme tradizionali e cicli cosmici- Mediterranee, Roma 1974 (ed.or. Formes Traditionnelles et cycles cosmiques- Gallimard, Parigi 1970), pp. 43-5, interpreta la storia narrata nella Genesi, per via dell’argilla di cui è costituito l’Uomo, come un’allusione al sorgere della ‘Razza Rossa’.  Ovviamente si tratta d’un riferimento corretto, dato che analogamente gli Africani utilizzano il simbolismo del ferro. 
(3)                I 5 ‘Grandi Anni’ della tradizione ellenica corrispondono ciascuno ad un dio nella prima metà e ad una dea nella seconda.  Platone, ad es., nel Tim.- xiii. 40 e/ 41a pone la doppia serie quinaria : 1) Urano-Gea, 2) Oceano-Teti, 3) Crono-Rea, 4) Zeus-Era e 5) i figli di questi ultimi non specificati (come 




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Apollo-Diana ecc.).  Sono, inoltre, in relazione con tutta una serie di fattori cosmografici quali le Direzioni, i Climi, i Venti, le Classi sociali, le Ecumeni e via dicendo.  Non esiste alcun trattato che specifichi queste corrispondenze in Grecia, ma anche in India avviene la stessa cosa e del resto le suddivisioni grosso modo concordano, essendo basate le une e le altre sui ‘Grandi Elementi’ (scr.Mahābhūta).
(4)                G.Acerbi, Brevi considerazioni sulla tematica apocalittica e il preteso ‘Millenarismo’ – Algiza, N° 10, Chiavari [Ge]1998, passim.
(5)                G.Acerbi, La nozione di ‘Olam’ nella cultura ebraica ed il culto solare giudaico-cristiano, da Noè a Hebron- Alle pendici del M.Meru (blog, pross.)   
(6)                Per un’esegesi maggiormente completa cfr. Manu e la leggenda adamica del ‘Peccato Originale’- Alle pendici del M.Meru (blog, pross.).  In una forma incompleta era stato pubblicato in parte nel precedente blog quasi omonimo ‘Alle pendici del Meru’, 27-12-07.
(7)                Si faccia attenzione a non confondere l’Adamo terreno con quello celeste.  Per es. quando un sufi quale M.Shabistarî (S.H. Nassr, Ideali e realtà dell’Islam- Rusconi, Milano 1974, p.76; ed.or. Ideals and Realities of Islam- G.Allen & Unwin- Londra 1966) afferma nel suo ‘Roseto’ del mistero’ che il dono profetico è apparso per la prima volta in Adamo, ma fu perfetto nel ‘Sigillo dei Profeti’, intende dire che il compimento della profezia per l’umanità adamitica è avvenuto con Muhammad.  Non che Maometto fosse piú perfetto 
di Adamo, il che sarebbe assurdo.  A meno di confrontare il Profeta coll’Adamo terreno, che ovviamente è inferiore.  Come fece una volta in modo sacrosanto lo stesso Maometto, il quale dichiarò di essere stato già profeta quando Adamo si trovava ancora fra l’acqua e l’argilla”.  Perché, altrimenti, sarebbe esplicitare una bestemmia; in quanto, in ultima analisi, è dall’Adamo Celeste che trae la sua profezia ogni profeta successivo (Zoroastro, Siddharta, Mosé, Gesù ecc.).
(8)                La frazione indicata piglia come intero tutto il Ciclo Paradisiaco propriamente detto, ma se si volesse prendere per intero il Grande Eone è ovvio che la frazione simbolica di decadenza sarebbe diversa, cioè di 1/10.
(9)                I 3 emblemi sono: la Fenice (Cielo), il Dragone (Atmosfera) e la Tartaruga (Terra).  Cfr. G.Acerbi, Sulla questione essenziale dell’Unicità Divina- Herakles, N°1, Feb. 2015 (Digibu, on line), §6, p.27, n.54; inoltre, fig.5.
(10)              Nell’induismo la prima forma trinitaria prende corpo infatti col Varāhāvatāra, signore del III Ciclo Avatarico; che, letteralmente, possiede una solla zanna.  Ma, in realtà ne ha tre ossia una in piú rispetto alle due normali dell'animale in senso biologico, su un piano meno elevato la prima ha valore 



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trascendente, le altre semplicemente fenomenico.  Quantunque l'iconografia, in generale, non rispetti tale concetto.
(11)                Ac., art.cit., §3, pp 5-7.
(12)              C.A.S. Williams, Outlines of Chinese Symbolism & Art Motives- Dover P., N.York 1976 (rist. della III ediz.rived. di Outline of Chinese Symbolism- Kelly and Walsh, S
hangai 1941; II ediz. 1932; I 1931 con altro edit.), ss.vv.  P’AN KU, p.314 e  FU HSI, p.203.
(13)              Will., op.cit., s.v. P’AN KU, p.314 (ultime righe).
(14)              Nel II Ciclo Adamico il Dragone del Nord trovavasi al perno polare, ciò che spiega l’arrotolamento del Serpente attorno all’Albero della Vita, insomma l’Axis Mundi.  Che poi tale Serpente rappresenti il Diavolo lo abbiamo già detto, è la prima incarnazione dell’Avversario Divino.  Vi è, tuttavia, anche un aspetto positivo e demiurgico in tale presenza, quantunque non ben messa in risalto nella tradizione giudaico-cristiana.  Si ricordi, d’altra parte, della Caduta di Lucifero, prima il piú bello degli Angeli.  Il che significa 
che coincideva col Santo Spirito, il cui dominio rendeva il Paradiso un sanctum regnum per dirla alla Guénon.  La tradizione giudaico-cristiana non ci spiega quando sia avvenuta la Caduta degli Angeli Ribelli, ma è evidente che abbiamo a che fare con una discesa agl’inferi di tipo titanico, quindi conseguente alla fine del Ciclo Paradiasiaco nel suo insieme.  Per quanto appaia immersa, illusoriamente in un’aura pre-temporale, la trasformazione d Lucifero in Satana è la controparte metafisica del passaggio di consegne da Adamo a Seth, passando per Caino.  Sarà infatti nel Ciclo Sethita che avverrà il crollo  definitivo dei Cainiti (e parzialmente pure degli Abeliti) attraverso l’incontro-scontro coi Sethiti, la parziale corruzione di costoro a base di feste orgiastiche nonchè pasti cannibalici a scopo sacrificale per imitazione cainita – come è avvenuto sino a tempi recenti nella zona selvaggia della Nuova Guinea, al dire degli antropologi o degli storici delle religioni – per poi giungere ad una ribellione finale da parte dei ‘Figli di Dio’ (chiamati, in alternativa, ‘Angeli’…).  La mitologia greca ricorda questi fatti sotto il doppio aspetto della Titanomachia, il primo scontro; e della Gigantomachia, in cui ai cainiti superstiti parrebbero essersi uniti senza successo degli abeliti venuti chissà da dove.  Sulla questione vedi H.Mriga, La Patagonia, terra di giganti- Webly, pross. on line.   
(15)              In tutta evidenza, tale decadenza etica è simile a quella cui si è accennato nella n.prec., ma ne è solamente un’anticipazione di grado minore in tempi ancora paradisiaci seppure prossimi a quelli della Caduta; in questo caso è sempre la femmina a dominare come nel I Ciclo Evaico, non il maschio come 




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nel Ciclo Sethita.  Inoltre, non è ancor vigente il sacrificio e la crudeltà che inevitabilmente l’accompagna; né è subentrato al momento il fattore orgiastico, ispirato piú tardi al culto tribale tanto della fecondità umana ed animale in genere (legato indissolubilmente all’ossequio verso gli antenati) quanto della fertilità vegetale (propiziazioni rituali di stampo orticolo-primitivo).
(16)              Per questo taluno, scioccamente, tende a concepirla come inferiore all’Uomo.
(17)              In termini cinesi lo Yin sullo Yang, il che è come dire la Virtù dell’Uno (cin.Tē) – equivalente alla ‘Presenza’ della tradizione ebraica od alla ‘Potenza’ di quella indiana – sull’Uno (cin.Tao), sebbene lo Yin sia anche l’emblema dello Zero metafisicamente parlando oppure del Due.  Detto in termini cinesi, nel II Ciclo Regale prevale il senso del Tao inteso come la Madre (lo Zero, la Bruma); nel III Ciclo il Tao scade a Principio Unico, o Soffio Creatore se preferiamo, nel IV domina invece la Tē.  Ed è solo nel V Ciclo Regale che lo Yin e lo Yang si contrappongono dualmente come il Due e l’Uno (non dualisticamente!), poiché la simbologia dello Yin e dello Yang tende a scadere a livello cosmologico.  
(18)              Un nostro scritto intitolato Il Paradiso Iperboreo quale Terra di Luce e di Tenebre è in preparazione quale primo capitolo, a sé stante, d’una raccolta d’articoli vari (G.Acerbi, Viaggio nella Luce e nelle Tenebre, pross.).
(19)              Cfr. G.Filoramo, L’attesa della Fine. Storia della Gnosi- Laterza, Bari, Cap.VI sgg.  Quanto riferisce il Professore a proposito del ‘Dio Antrhropos’ posto al centro del cosmo dagli gnostici, bisogna capire che costui è l’equivalente del Rāmacandra hindu, omologo indiano (parziale) di Seth.  Entrambi questi personaggi dal risvolto umano paiono legati al numero 7, ovvero l’uno per il fatto che è il Settimo Avatar, l’altro per l’etimo medesimo; che l’apparenta per un verso al lat.Sāt-urn-us/ Sa[vi]t-urn-us (scr.Sa[vi]t-ar) in quanto dio proto-agrario e, per il resto, al Settimo Pianeta’ dell’ebdomade planetario nella simbologia ermetica.  Inoltre, come Seth funge da erede di Adamo, cosí Rāma (corrispettivo etimologico del secondo Lamech biblico) funge da erede di Manu, l’Uomo-dio delle origini.  Da notare che questo Lamech (il padre di Noè, cit. in Gen.v. 25-31) è figlio di Metušelah, a differenza del primo Lamech (l’uccisore di Caino, cit. in IV. 18-24), figlio del quasi omonimo Metušael; il quale ha molto in comune con il primo Rāma, chiamato Paraśurāma.
(20)              Ciò non è avvenuto unicamente in Grecia con Eraclito e Parmenide.  In India, egualmente, il tema di fondo di tutta la sapienza vedica  fino alle Upanisad non è altro che la dicotomia Kāla-Akāla.



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(21)               Ricordiamo che la Lama XVI dei Tarocchi, ovvero la Torre, altro non è che la Torre di Babele e non a caso a volte in certe specie di carte è chiamata l’Enfer.  Cfr. O.Wirth, I Tarocchi- Mediterranee, Roma 1973 (ed.or. Les Tarots des imagiers du Moyen Age, C.Tchou Ed., Parigi 1966), P.<Sec., XVI, p.223.  Ed è effigiata alternativamente da un’immagine di Orione, dietro cui campeggia il Serpente ad indicare un’opposizione astrale, confermata dallo Scorpione che come nel mito punge il piede del gigante; oppure dalla Bocca del Mostro dal muso maialino che inghiotte i dannati al ritmo del Tamburo, portato a tracolla e scandito dal Diavolo (ibid., p.222, figg. accluse).




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